L’intervento del professor Celli su “Zanzare e Risaie” del 2006

Il 12/10/2006 l’EMCA, European Mosquito Control Association, organizzò ad Alessandria un Simposio Internazionale dal titolo “ZANZARE E RISAIE” per fare il punto della situazione sui vari strumenti di lotta alle zanzare.

Vogliamo qui riportare in parte, e analizzare a fondo, il commento espresso in quell’occasione dal prof. Giorgio Celli, noto Entomologo, Ordinario Dip. Scienze e Tecnologie Agroambientali dell’Università di Bologna, uno dei massimi esperti in materia di zanzare.

Credo che oggi abbiamo fatto molta retorica. Se vi dovessi dire che il prossimo anno sarà meglio dell’anno passato mentirei e tutti sappiamo di mentire, in realtà il problema delle zanzare in risaia non lo risolviamo oggi qui, quindi l’anno che verrà sarà come quello passato. La lotta alle zanzare deve cambiare rotta ma questo non lo potrà fare in un anno dovrà farlo in diversi anni. La lotta alle zanzare fino ad oggi come è stata considerata? Io non mi occupo particolarmente di risaia, mi occupo di zone umide, sono il coordinatore del comitato scientifico del Parco del Delta del Po Emiliano Romagnolo e membro del comitato del Parco del Delta Veneto. Il dottor Bellini è un mio collaboratore, io sono presidente di quel Centro Agricoltura Ambiente che ho fondato. Bene ha fatto l’architetto Caprioglio a citare Bellini perché lui è il nostro asso nella manica. La lotta alle zanzare l’ho un po’ seguita e devo dire che abbiamo cominciato nel mio istituto, questo la bellezza di una trentina di anni fa. Come è stato considerato il problema delle zanzare? E’ stato considerato in maniera drastica e un bravo ecologo sa che le cose drastiche di solito non risolvono il problema. Abbiamo affrontato molti problemi di organismi dannosi e del loro contenimento per esempio i colombi in città; chi ha deciso che i colombi in città vanno combattuti uccidendoli ha fallito il compito. I colombi in città dove sono stati drasticamente uccisi, si è fatto una specie di genocidio, sono cresciuti di numero. Oggi a Venezia, dopo il genocidio, sono molti di più di prima. Un altro esempio sono le mosche negli allevamenti delle ovaiole: più pesticidi date più mosche avete. E vi dirò ancora di più: un problema per esempio è quello del capriolo in Germania, se si prelevano un milione di caprioli con la presunta caccia di selezione, continuano a crescere e a minacciare le foreste, altri 100 mila finiscono sotto le automobili e continuano a crescere, perché? Perchè Darwin insegna che le forti pressioni selettive spesso evocano risposte egualmente importanti. Nel caso delle zanzare dovete ad esempio considerare quello che è successo per la Culex pipiens nei dintorni di Montpellier. A seguito dei trattamenti con fosforganici sono comparsi ben 4 mutazioni favorevoli successive che hanno favorito la sopravvivenza della zanzara invulnerabile a tutti i fosforganici. Fortunatamente che oggi col B.t.i., essendo composto da 4 forse 5 forse 6 tossine è ben difficile avere delle resistenze, perché queste tossine tra loro svolgono funzioni surrettizie quindi è difficile. Però bisogna stare attenti. Il problema delle risaie è che occorre riconvertire la maniera di coltivare, solo così possiamo ottenere un risultato durevole e non è questione che si possa fare in un anno. Quando ero parlamentare europeo, nella passata legislatura, ebbi l’occasione di occuparmi del riso per il problema delle eccedenze produttive. Attualmente ci sono ancora eccedenze produttive e voi sapete che il riso è molto difficile da conservare, quindi costa molto conservarlo e le eccedenze produttive sono molto costose, sono un vero danno, in quella circostanza avevo preparato un piccolo progetto dicendo che tutto sommato si poteva rimediare alle spese considerando un aspetto importante delle risaie, cioè che le risaie sono anche delle zone umide virtuali, una parte di queste risaie in eccedenza poteva essere sottoposta a un nuovo tipo di gestione che consentisse la conservazione delle acque e nello stesso tempo favorisse le interazioni faunistiche. Noi sappiamo che le zanzare sono un aspetto di quello che l’agricoltura industriale ha sempre prodotto. Qual è il danno dell’agricoltura industriale principale? Non è solo l’inquinamento, l’inquinamento è una conseguenza, il danno è la semplificazione. Quando si trasforma un ecosistema complesso in un agroecosistema, spiantate tutta la biodiversità botanica da un certo territorio. Nei territori messi a coltura nella Siberia, per esempio negli anni ‘20 quando la Russia ha rilanciato i grandi programmi agricoli, cosa è successo ? Si è visto trasformare un territorio dove crescevano 50 piante in uno dove cresceva una sola pianta. Questo rende il sistema evidentemente fragile per cui alcuni di quegli organismi che erano presenti e che si controllavano vicendevolmente sono passati sulla nuova coltura e lì hanno trovato da mangiare in abbondanza e condizioni particolarmente favorevoli e sono diventati infestanti. Il vero pericolo del campo coltivato è quello di essere semplificato e in più di essere coltivato con piante che l’uomo ha protetto fin dalle origini e le ha rese estremamente fragili ed instabili. Sono dei suoi figli viziati, alcune di queste senza di noi non si riprodurrebbero più. Pensate per esempio al mais. Quindi si potrebbe vedere se per caso non si possa fare in una parte delle risaie una zona umida. Se questa non possa costituire per gli agricoltori un reddito nel senso di quella agricoltura multifunzionale di cui da tempo parla il parlamento europeo. Che cos’è l’agricoltura multifunzionale? È un’agricoltura che prevede che non è solo il prodotto agricolo che da un reddito all’azienda, ma potrebbe essere anche una forma di agriturismo e possiamo immaginare che il popolamento degli uccelli di queste nuove zone virtuali potrebbe esser oggetto di osservazione e di conseguenza anche di favorire un certo circuito turistico e quindi un certo circuito enogastronomico. A cui poi dovrebbe essere legata la coltura di risi locali che evocassero la storia e la cultura. Si va a tavola con il desiderio di andare a tavola con i propri padri, quindi le vecchie varietà di riso, gli antichi risotti, quindi costruire tutto questo reticolo e questo sistema importante. Quella poteva essere una delle proposte e secondo me su questa via dobbiamo proseguire. Dobbiamo ricomplicare ciò che abbiamo eccessivamente semplificato. Le risaie sono oggetto di un pesante inquinamento, diciamocelo chiaramente. I prodotti del Piemonte saranno i più sani possibili, questo me lo auguro, non voglio confutarlo, ma so che il problema dei residui nei prodotti agroalimentari è semplicemente passato di moda non si è risolto. Ad esempio le carote sono inquinate, quelle spagnole e quelle nostre sono inquinate più dell’80% sopra i limiti vigenti. C’è anche un aspetto nuovo da considerare. Quando un erbicida si può usare a dosi molto basse è necessaria prudenza perché le dosi molto basse fanno si che i residui finiranno sotto il livello di sensibilità strumentale, non saprete più dove vanno, nè come vanno, né dove verranno metabolizzati. Se un grammo di erbicida può essere messo in un ettaro pensate a quale attività straordinaria deve esercitare questo grammo di sostanza chimica e allora questo è tranquillizzante? No io preferisco che si possa controllarli di più. Quindi le risaie ora usano erbicidi che magari non si trovano nella falda perché i residui sono diventati introvabili perché sotto il livello strumentale, però sono residui da considerare con cautela. In questa ristrutturazione del sistema di lotta alle zanzare io non ho nulla di immediato da suggerire. La guerra alle zanzare l’abbiamo già perduta, possiamo tentare di vincere qualche battaglia oppure nel lungo periodo possiamo stilare un trattato di pace con loro che consista nella coesistenza. Anche la zanzara serve. Per esempio nel delta del Po si inserisce nelle catene alimentari e quindi in qualche modo bisogna venire a patti con la zanzara. L’idea di eradicarla può essere legittima solamente se noi tentiamo di fare autocidio per la Zanzara Tigre, quella non è nostra e possiamo tentare di eradicarla. A proposito degli organismi utili: ne ho sentito parlare e spendo subito una parola dicendo qualcosa di profondamente impopolare presso gli ecologi. Io sono d’accordo che alla Gambusia bisogna dare il certificato di cittadinanza è un’immigrata non clandestina perché l’abbiamo presa noi verso gli anni ’20, ma agli immigrati non vogliamo dare la cittadinanza se lavorano e sono utili? Allora vediamo di darla anche alla Gambusia perché ci dia una mano nel controllo delle zanzare perché la licenza della biodiversità è più un fatto teologico fondamentalista che un dato scientifico. La biodiversità del pianeta è cambiata radicalmente. Voglio farvi solo un esempio, per concludere questo mio estemporaneo intervento. Un giorno mi sono trovato in Costa Azzurra con un botanico. Ad Antibes c’è il più grande laboratorio di lotta biologica della Francia. Questo botanico mi ha detto: vedi questa rigogliosa vegetazione? Ai tempi di Giulio Cesare non c’era quasi niente, c’era solo la quercia verde, qualche olivastro, c’era una palma nana, tutto il resto è venuto dall’America, dall’Africa, dal Medio Oriente. Il mandarino e le arance sono venute dalla Cina, la petunia dal Perù, l’agave dal Messico, l’aloe dal Sudafrica, i gerani anche, questi bei platani che vedi in quel famoso viale da dove vengono? Sono ibridi che vengono da Oxford dove c’era una pianta di platano che è stata ibridata da un platano derivato dalla Turchia e l’altro proveniente dagli Stati Uniti. Allora signori cerchiamo di essere un pochino seri: il rimescolamento delle specie animali e vegetali sul pianeta è avvenuto da sempre. Ieri sera mi sono mangiato la polenta, mi risulta che il mais è una pianta alloctona. La Gambusia può dare un contributo importante nella lotta alle zanzare. Cerchiamo di rivalutare anche i pipistrelli, che in definitiva sono organismi che ci hanno insegnato un sacco di cose, come lo sviluppo del sonoro acustico. Alcune specie sono dei grandi mangiatori di zanzare. Nei pressi di un parco in Romagna dove c’è una grotta con pipistrelli non ci sono problemi di zanzare perché se ne pappano un migliaio per tutte le notti quando è estate. C’è una legge del 1935 che li protegge proprio per il ruolo che avevano nel combattere la malaria. Non devono essere considerati determinanti, però tutte queste cose vanno integrate. Le risaie trasformandole in parte in zone umide, in parte ripopolandole, in parte convertendole a un’agricoltura biologica. Io non sono un tecnico di agronomia ma qualcuno sostiene che le pre-erpicature, fatte prima di cominciare la coltura servano molto per le erbacce. Non pretendo che le mondine tornino a trapiantare o a diserbare, però tutto sommato forse ci sono metodi un po’ diversi per coltivare. Attenzione a un fatto: già quando ero parlamentare la PAC stava profondamente cambiando. Il sostegno del prodotto diventerà sempre più problematico e rivolto all’azienda, chiedendo che l’azienda produca non solo cibo ma anche ambiente, diventi multifunzionale, curi anche il paesaggio. Allora stiamo attenti a decidere perché se anche avessimo i soldi per dare B.t.i. su tutta la risaia piemontese e lombarda, non sarebbe una buona soluzione, perché ci costringerebbe a dare lo stesso B.t.i. tutti gli anni. Oggi l’ecologo consapevole propone invece di capire se si può tentare di rimettere in equilibrio alcune strutture sempre con questa filosofia di dire “le zanzare non devono sparire anche se potessimo non le dovremmo far sparire, impariamo a coabitare con loro, però che la loro presenza sia tollerabile”. Perché come direbbe San Francesco, io non sono credente ma lo cito spesso, anche loro sono creature del Signore.

Dalle parole del professore possiamo avere la certezza di quanto già diversi anni fa il problema delle zanzare (almeno quello delle zanzare comuni) fosse considerato fuori controllo, una condizione allarmante che rischiava di spingere gli addetti ai lavori verso un approccio radicale che non avrebbe portato alcuna conseguenza positiva.

Come infatti le ultime e più moderne rivoluzioni agricole hanno trasformato nel corso degli anni lo scenario delle nostre aree coltivate, così già all’epoca il professor Celli teorizzava un graduale e costante ritorno alla “complessità delle colture” che l’industria agroalimentare aveva eccessivamente semplificato. Solo favorendo la biodiversità, infatti, flora e fauna possono controllarsi a vicenda mantenendo in equilibrio un determinato ambiente.